mercoledì 19 marzo 2014

An Epic Land


Aprile 2014
My cat, my love.

Lunedì 7 aprile) L’amore è eterno eppure dobbiamo separarci inevitabilmente dalla persona amata. E’ il verdetto del dio-tempo, la regola n° 1 dell’universo, la morte. A cui, né esseri della luce né demoni, né umani né animali, sfuggono. Quando morì mio padre lo seppi al telefono, a casa. Quando morì mia nonna lo seppi con un sms mentre stavo mangiando nella tundra svedese. Quando morì Pino, il mio caro amico, lo seppi da internet. Quando muore una persona che si ama, uno, a seconda dell’essenza e della forza caratteriale, reagisce in una data maniera. Dopo il dolore e il pianto iniziale che accomuna tutti, forti e deboli, le persone deboli possono addirittura darsi all’alcool o alle droghe o possono non rialzarsi più, mentalmente. Le persone forti, invece, affrontano e superano questi drammi della vita. Io, personalmente, in tutti e 3 i casi, reagì ovviamente e naturalmente piangendo. Il pianto sgorgava da due sorgenti: dal dolore e dall’amore. Sotto queste due sorgenti, però, c’era il mio cuore, buio e duro come la pietra. E io sentivo tutte e 3 queste sensazioni. Il mio dolore, il mio amore e il mio cuore. Dopo i primi minuti, riuscì a trattenere le lacrime. Dopodichè, per principio e per mia natura, alla morte di mio padre andai in palestra 2 h dopo; a quella di mia nonna mi rimisi lo zaino da 25 kg e proseguì la marcia del Kungsleden; a quella di Pino, dopo 1 h, andai a lavorare. Il giorno del decesso, il cuore soffre e il tempo sembra rallentare: pensavo in continuazione ai miei 3 cari, ma riuscivo comunque a pensare anche a cose mondane, come il calcio. Dal 2° al 5° giorno il dolore si attenua e si trasforma in tristezza. Poi, nonostante l’amore sia eterno, la tristezza svanisce e rimane l’amore. Questa volta è ancora peggio perché quando ti dicono che la persona che ami è condannata a morte e nel giro di 1 mese se ne andrà, questa è la cosa peggiore. La mia gatta, la bambina birichina del mio cuore, sta morendo.  Siamo 2 essenze affini, la pensiamo uguale in tante cose. Siamo amici da 11 anni. L’amore che un animale ti da è unico perché gli animali non hanno il senso della ricchezza e perciò sono veritieri. Lei ama me e io la amo di rimando. Gli ho salvato la vita quando aveva solo 3 mesi. Poi l’ho cresciuta, l’ho abbracciata e sbaciucchiata e accarezzata ogni notte perché lei dorme quasi sempre con me, si mette con la schiena contro il mio torace e poi mette il muso nella mia mano perché i gatti neri sono particolarmente affettuosi. Ogni tanto vuole giocare, si nasconde e gioca a essere la preda. Altre volte vuole combattere e usa le inferriate della scala per le scaramucce contro la mia mano. Al tramonto invece mi sale sulla schiena e mi costringe a cucinare così. E ora io sono costretto a vederla mentre si spegne. Si è messa nell’armadio superiore per avere una posizione sicura contro i cani, si è messa su una soffice scatola dei vestiti e mi guarda e io capisco che lei sa. Vedo la sua tristezza perchè sta per lasciare la sua famiglia, il suo territorio e me. Quegli occhi verdi carichi di malizia e di saggezza, perché i gatti sono furbi e conoscono l’arte di uccidere. Per me questa è una tortura sottile, subdola. Non è la tortura fisica che viene dalla malattia quando imprechi per fitte etc. Questo stato d’animo che mi pervade è una tortura indefinibile: sapere che lei sta morendo. Così in questi giorni di merda, mentre mangio, mi godo il cibo ma non provo nessuna felicità. Mentre mi vedo le partite mi godo Robben e Pirlo ma non provo alcuna felicità. Ieri, mentre salivo il monte Sileggio, mi godevo la montagna e la bellezza delle valli, si me la godevo, mi piaceva, of course, ma al contempo non potevo essere felice. Non provavo la felicità. Ma la cosa peggiore sarà domani, quando dovrò andare a lavorare. E sarò circondato dalla massa. Vedere uomini che si dispiacciono per un buco nei pantaloni e donne che “filosofeggiano” per 3 h davanti alle vetrine meditando se è meglio quel jeans o quella gonna. La massa degli umani, l’unica razza della Terra che vive per gli oggetti; e gli oggetti, in verità, che costino 1 euro o 1000 euro, non valgono niente perché non vivono. Fra gli umani ci sono anche delle persone giuste e profonde ma domani anche queste mi daranno fastidio perché mentre la mia bambina nera sta morendo io vorrei starmene da solo, con lei, e invece sarò costretto a essere circondato dagli umani. Gli animali muoiono da soli perché loro sono sempre i migliori. Col cazzo che io morirò in un fottuto letto di ospedale circondato da umani che piangono e squallide  mura di cemento. Lo vedi quel vestito, lo vedi eh, e quel lingotto d’oro, lo vedi? E quelle car, e le case le vedi? Queste sono tutte cose che per me non valgono niente. E quando noi figli del caos diciamo A è A. E’ la verità, non solo la mia, ma la verità assoluta del cosmo. Quelle cose non valgono niente per davvero. Non me ne frega un cazzo del marciume degli uomini, io appartengo alla foresta, al cielo e alla Terra. Come i leopardi, come loro, anch’io da solo andrò a morire. Ma ora devo stare vicino alla mia gatta. Il mio amore sterminato. Viscerale come il sangue che scorre.
V 11) La vedo deperire e morire fra le mie braccia. Sento il suo amore e la sua malinconia nelle mie viscere. Questi, che sono i giorni più brutti della mia vita. Deboli e ignoranti, sviati dalla conoscenza incompleta datagli dal superbo scarlatto, gli umani, pecore e capre, scelgono aborti e eutanasie. Ma io conosco le immutabili leggi cosmiche e la proteggerò fino alla fine. Perché il mio amore è come la natura, non può essere cambiato. La natura è.
S 12) Oggi, il giorno più brutto della mia vita. Lei, la mia gatta birichina, il mio cuore sterminato, abbandona il giardino e s’incammina verso di me che alla finestra veglio su di lei. Arriva e mi si siede sulle gambe facendo le fusa. Il suo corpo è deperito ma la malattia non riesce a rubarle la bellezza che ogni felino eredita dalla natura per diritto. Mentre la stringo fra le mani sento la sua vita che si sta spegnendo lentamente come una fiamma al timer. Il mio cuore è come i vulcani quando eruttano. E' duro come la roccia ma la lava sgorga copiosa e spietata scanalandolo in decine di gole. Quella lava è l’amore che è come un veleno, un veleno che sa di tanti sapori. Lei si struscia con la fronte sul mio viso ma stavolta oltre alla sua sensualità e alla sua felinità, lei mi trasmette anche una dolcezza infinita perché lei sa che sto sanguinando insieme a lei. Poi lei non mi lascia più e si addormenta sulle mie gambe per ore. Anche quando mi alzo per mangiare lei non mi lascia e si mette sulla mia schiena. E poi la porto in stanza dove si sposta sul mio petto, si mette in orizzontale sui miei pettorali con il suo cuore nel centro del mio petto e lì dorme ancora. Bizzarra è la natura. Simbolismi, coincidenze? No, non esistono entrambe. Questo è l’amore: un’ energia fortissima. Verso le 2 di notte lei scende in giardino e io controllo per un istante la situazione. Poi rientro. Ma lei mi chiama dopo pochi minuti. Così scendo e lei si struscia di fianco a me. La birichina vuole essere corteggiata e coccolata. Poi mi sale ancora sulla schiena. D’accordo, vuoi stare sotto il cielo della notte ma vuoi stare con me. D’accordo, starò con te. La sua fiamma meravigliosa arderà ancora per qualche ora. Non mi resta che soffrire con lei, amarla fino alla fine e proteggerla dalle stolte porcherie degli umani come l’eutanasia. Noi figli del caos sappiamo bene come è il male ma sappiamo la verità di tutte le cose e io so la debole e malvagia stupidaggine che fanno coloro che abortiscono o scelgono l’eutanasia. Non s’immaginano neppure ciò che stanno facendo.
L 14) Le flebo che gli sto facendo non funzionano. Il suo corpo ha già superato il limite del non-ritorno.Tutte le meravigliose montagne che ho scalato e i paradisi che ho conquistato non riescono a colmare il mio cuore in questi giorni. Perché l’amore è più importante. Ora non voglio scalare montagne e non voglio cene e non voglio sesso. Voglio solo coccolare la mia gatta in un prato fiorito, in mezzo a una valle nascosta, mentre i lupi ululano al cielo. Io voglio abbracciarla per sempre. Perché l’amore è più forte, più forte di tutto. Non ci vogliono lauree per amare, né tantomeno soldi (ah, ah, ah stolti umani…) perché l’amore è più forte del niente. Questa non è una poesia, questa è la verità. E neppure non c’è edonismo né orgoglio che possano battere l’amore perché l’amore è più forte anche del tutto. L’amore è per sempre. Nelle prossime vite, amore mio, gatta del mio cuore, le forze cosmiche ci riuniranno, si, ci rincontreremo e io ti farà vivere un’altra favola.
M 15) Da 5 giorni sono a casa dal lavoro perché devo stare con la mia amica. Rinunciare ai cash per amore è ciò che fanno i valorosi. Solo quando lei se ne andrà io tornerò al lavoro. Ricerco nei libri della verità e scopro che quello che sto facendo in questi momenti finali della mia gattina birichina sono tutte cose giuste conformi alle leggi cosmiche dell’universo. Che strano. Le ho applicate senza averle studiate.
1) Non abbandonare il proprio amico. Anche se i gatti sono stoici, coraggiosi e forti sono pur sempre dei dolcissimi bambini e pertanto provano un’amicizia incondizionata e innocente e si chiederebbero: dove sei amico mio umano? Perché non sei con me! Un’atrocità che non deve accadere.
2) Non attuare per nessun motivo l’eutanasia perché la natura è una madre molto gelosa dei suoi bambini. E l’universo un padre duro e inflessibile che guarda i fatti e non le parole. E un amico non può uccidere un altro amico. L’aborto porta direttamente chi lo compie allo sviluppo della coscienza fra le più perfide del cosmo e nella vita successiva ucciderà e mangerà persone e bambini. Ma anche l’eutanasia è molto pericolosa per chi la commette e solitamente dannosa per l’ego di chi la subisce. E tutti questi atti impropri l’animale se li sentirà nel cuore anche nella successiva reincarnazione. Chi protegge l’anima del suo amico come sto facendo io si sente come una goccia d’acqua in mezzo al mare, è calmo nella giustezza e in armonia con il proprio amico animale. Chi uccide il proprio amico con l’eutanasia si sentirà invece come una goccia di petrolio in mezzo ai laghi di Plitvice: un veleno, una porcheria, perché la natura non scherza.
3) Non forzare l’animale a mangiare perché gli animali sono essenza e quindi i migliori maestri del proprio corpo.
4) Invece, per l’acqua, umidificare la bocca del proprio amico che beve poco, ogni 2 h, con una spruzzatina di acqua.
5) Sussurrare parole come Buddha e parlargli dei figli della luce che verranno a prenderlo perché anche se l’animale non capisce queste cose, le vibrazioni sonore della parola Buddha o figlio della luce porta quiete e benevolenza nella sua mente. Questa non è fede, né empirismo, questa è tecnica.
6) Ovviamente sbaciucchiarla e coccolarla, andare immediatamente da lei quando chiama e acconsentire, quando, sovente, vuole sdraiarsi sul mio corpo. Perché lei ha nostalgia di me che deve lasciare, del suo territorio, del suo giardino, casa, alberi del cortile che sono la sua vita e i suoi giocattoli.
Mi sveglio di notte e lei non è seduta sulla mia poltrona. Mi sta chiamando. E’ giù. E’ seduta sulla mia panca e assapora la notte che le piace tanto. Mi siedo sulla panca e l’avvolgo nella mia coperta cingendola e appoggiandole il mio torace sulla schiena. Lei solleva il muso e si struscia sul mio viso. E’ una lunga carezza, più lunga del solito, dove lei e io condividiamo e sentiamo il nostro reciproco dolore. Siamo complici di un amore  sterminato. Lei sa di sé e di me. E io capisco ogni suo respiro. Questi momenti me li ricorderò per sempre e ogni volta che qualche stolto, laureato o non, dirà che gli animali non provano sentimenti, io gli piscerò mentalmente in faccia a lui/lei e alla sua laurea.
M 16) L’amore mio Darkeyes, la mia gatta nera con gli occhi verdi, è stoica e ha la pelle dura e resiste 13 giorni mangiando solo per 2 sere. La grande madre, la natura, che ha una passione sviscerata per tutti i felini, maestra del suo corpo, attiva dei procedimenti biologici che le attenuano enormemente la sofferenza. Infatti il mio amore non piange e non si lamenta. Da 4 giorni è entrata in uno stato di torpore, resta per 2 giorni sulla stessa sedia (ovviamente col cuscino morbido perché gatto is sly…). Per 2 giorni tutti i miei tentativi di abbeverarla e di nutrirla vengono respinti perché il mio amore è maestra di se stessa. Ma, per paura che siano le vesciche nella bocca, le preparo per 3 volte pollo frullato con brodo come prova del 9. Ma lei dice no. L’unica cosa che fa è chiamarmi. Cosa vuole? Acqua, cibo, spostarsi? No. Dopo tutti i tentativi falliti scopro che vuole una cosa molto più easy: solo che io mi segga sulla sedia e lei possa sdraiarsi sulle mie ginocchia e sentire il mio amore nel suo cuoricino e le mie mani sul suo splendido corpo. Nonostante sia deperita la malattia non riesce a rubarle la bellezza. La roccia del mio cuore è rigata da fiumi di lava che scanalano. Ma la roccia resiste. Il mio amore non riesce quasi a camminare sulle zampe posteriori e mi chiama 3 volte per portarla nella sua piccola toilette. Pesa come una piuma. Io la porto in giardino e gli faccio vedere, forse per l’ultima volta, i 2 luoghi a lei più cari come il suo albero di fico dal quale tendeva gli agguati a passeri e merli; la sua tettoia, dove prendeva il sole con il suo cat-boyfriend, un tipo tigrato che viene dal vicino. E anche la cantina, dove andava e poi non riusciva a uscire. L’adagio sulla mia poltrona, in camera, per accudirla fino alla fine. Il mio compito è amarla fino alla fine, accudirla fino alla fine e proteggerla dalla porcheria chiamata eutanasia fino alla fine. E proteggerla da altri veleni degli umani, come il valium, fino alla fine. Nessuno somministrerà queste porcherie al mio amore. Perché io vengo dal caos e conosco la verità tecnica dell’universo materiale e so che 1) a tutto pensa la grande madre; 2) che quelle porcherie degli umani possono essere pericolosissime per la prossima reincarnazione di umani e animali. Sto con lei 24 h di seguito rinunciando a lavorare e la supporto con mantra buddisti e shivaiti perché la luce è misericordiosa e buona con gli animali. Metto anche un’immagine di una tigre e una di Gesù vicino a lei per respingere le invidie e le energie delle tenebre che divampano nello stolto mondo degli umani. Tanto uno che non riescono a sottomettere neppure crocifiggendolo coi chiodi è più forte di loro come un elefante è più forte di un verme. Lei non piange e non si lamenta ma mi chiama almeno 40 volte o per coccolarla o per pulirla. Consapevole che sono le ultime ore mi addormento presto, avvolto dal dolore della morte.
G 17) Che incredibile viaggio è la vita: mi sveglio con uno stato emotivo pazzesco: mi sveglio pacato e ascoltando il vento sulla mia pelle sento il mio cuore che mi dice: è uguale al vento. La morte è come il vento. E’ ineluttabile. E’ come la cascata di Khao Yai, dove i leopardi vanno a nuotare. E’ così. Telefono al maestro buddhista e lui mi dice praticamente le stesse cose e che sono sereno perché ho protetto la mia gatta dall’eutanasia. E così, la natura, soddisfatta, può portare la sua anima, forte e beata nell’amore, in un nuovo corpo. Gli chiedo: “Quelli che incaricano l’eutanasia?”
Lui: “Ignoranza totale.”
Ma io che non sono luminoso come lui rispondo: “Non sono solo ignoranti. Sono persone che uccidono un amico, innocente per di più. Quindi il loro gesto non è solo ignoranza o debolezza, il loro gesto nasce dal nero, da un male inappropriato che c’è, magari nascosto, ma c’è, in un angolo del loro cuore.”
Lui non risponde. Uhm, interesting.
La mia gatta non miagola di dolore. Verso le 10.00 mi sveglio e le do l’aiutino esterno di questi giorni: una spruzzatina d’acqua in bocca. Poi la sbaciucchio. Lei mi chiama di continuo. La mia stanza è un po’ buia ma vedo comunque che i suoi occhi verdi si stanno appannando. Siccome il 50% degli umani sono dei dementi qualcuno sta bruciando qualcosa nel prato e la puzza entra in casa mia. Vado in cucina a vedere. 5 minuti. Poi torno in camera. Il mio amore ha gli occhi aperti ma spenti. Se ne è andata. Io la amo per sempre. E lei anche. Nelle prossime vite ci rincontreremo perché l’amicizia non si può spezzare.
V 18) E’ come risvegliarmi da un sogno e tornare alla normalità, nello squallido vuoto della civiltà degli umani. Questo succede dopo che la mia gatta è morta. Perché quella magia non c’è più. Il suo amore, la magica energia, non mi arriva più perché lei si è addormentata per l’ultima volta. Ora è nel limbo. Rimarrà incosciente nella regione cosmica adibita alla sosta delle anime degli animali. Di solito rimangono lì per pochi mesi. Poi il caos selvaggio gli assegna un nuovo corpo materiale grossolano su questa Terra o su un altro pianeta. Rinascerà uomo o donna e la mente astrale sarà permeata dall’oblio affinchè non ricordi le sue vite precedenti. Ma le tendenze che aveva da gatta non si cancelleranno, alcune rimarranno e altre si modificheranno umanamente. Sarà furbo/a, gli piacerà combattere e si iscriverà a qualche corso di arti marziali, sarà crudele nel combattimento ma non perfido/a. E sarà un amico sincero. Andrà a scuola e farà la sua vita. Ma nel suo cuore sentirà continuamente una remota, dolce nostalgia e si chiederà verso chi è rivolta. Da dove arriva? Io lo so. E’ l’amore che nutrivi e nutrirai per sempre per me. Perché la natura selvaggia oblia la mente ma non il cuore. E sentirà anche una forza, lontana ma presente, sterminata e immutabile e si chiederà chi è che la sta amando. Io sono. E poi, forse fra 2 vite, la natura ci riunirà ancora. Questa è la verità tecnica del cammino dell’anima. Questa è la verità della natura materiale. Questa è scienza. Darwin e compagnia bella erano solo degli scemi laureati che non ci hanno capito un cazzo. Io sono un figlio del caos e lo so ma a un bambino di 10 anni che studia quelle chimere-cazzate dell’evoluzione gli dirò solo poche cose: loro dicono di essere la scienza. Allora, prima c’erano le foreste, adesso c’è Sesto San Giovanni; prima i fiumi brillavano, ora sono strisce di veleno; prima il cielo era profumato di fiori e cortecce, ora puzza d’inquinamento; prima le galline scorazzavano sui prati e giocavano coi galletti, ora soffrono secondo dopo secondo in gabbie orripilanti; prima poeti, filosofi e guerrieri amavano incondizionatamente, ora il 50% degli uomini e delle donne sceglie il proprio marito/moglie in base ai soldi che ha, come fanno solo i vermi. E ti parlano di evoluzione?! Quindi trasformano il paradiso in un abominio e ti parlano di evoluzione?! Bimbo, è la matematica che lo dice: il 50% degli umani sono un cancro che la Terra non vuole e attraverso la violenza la grande madre Terra li cancellerà.



My love highlights

Darkeyes , la gatta del mio cuore.
La trovo alla gym, autumn 03. La porto a casa e le salvo la vita operandola alla pancia.
La amo e la innamoro con le mie carezze e i baci sensuali che a esseri belli e saggi come i gatti sono super piacevoli da dare. Poi carpisco la sua essenza astrale e siamo affini totali. La pensiamo quasi uguale. E lei, che da animale, sente le vibrazioni astrali, mi ama di rimando. 
Dorme sempre con me fino al 2012. Si mette di schiena contro il mio petto, fa le fusa e si addormenta mentre la coccolo e la sbaciucchio. Lei struscia la sua testa contro la mia fronte come fanno le tigri e le leonesse o mette la sua guancia dentro il mio palmo e vuole essere cinta con il braccio destro. Avvolta dalle carezze, sdraiata contro la mia pelle e immersa dal mio amore, lei si addormenta così fino alla mattina.
Capisco ogni suo movimento, ogni sua astuzia quando prova a rubare da mangiare, quando caccia i topi o le lucertole e lei sa che la capisco e perciò la nostra amicizia è totale.
Mi porta i passeri che uccide e me li porge davanti; mi sta dicendo: “Hai visto my friend, sono brava, sono una brava guerriera.” 
Io l’accarezzo e le faccio i complimenti xkè è quello che vuole e perché un bambino vuole la stima del suo genitore.

Se guardo la Tv, lei dorme sdraiata sul mio petto  mentre io l’abbraccio. Se sono di schiena lei dorme sulla mia schiena strusciando la testolina contro il mio viso.  E’ perfettamente consapevole di come vuole essere accarezzata e di come essere in sintonia con me perché gli animali sanno, pensano da animali, sempre in malizia, sempre in guerra e sempre con sofisticata semplicità. La natura è loro maestra  e nessuno può battere madre natura. Solo gli scemi o gli ignoranti credono nell’istinto.
Gli ultimi 2 anni, 13 e 14, dorme meno con me alla notte ma vuole passare tutto il tempo con me di giorno e quando scrivo seduto al pc, lei sta sulla mia gamba. Quando cucino mi sale sulla schiena e mi costringe a cucinare così. A volte si mette guancia contro guancia perché è così abile nella sua affettuosità.
I cani vivono la carezza come affetto e basta, mentre i gatti amano ma vogliono le carezze anche solo per il puro piacere edonistico della carezza.

Da piccola, a 2 anni, mi lancia sulla faccia, mentre dormo, un topo morto e sventrato e poi scappa scherzando. 
A volte si mette dall'altra parte delle inferriate e vuole combattere così.
Sa che vado via 2 volte all’anno in luglio e agosto, così, a settembre 13, quando mi hanno ricoverato in ospedale x 1 week, al ritorno lei si è messa di schiena e si voltava dall’altra parte quando l’accarezzavo per dimostrarmi la sua rabbia per questa esagerata assenza!
E’ così furba che quando smetto di darle carne rossa e così la guarisco, lei si avvicina al cane e annusa le sue labbra x vedere se a lui gliela do!!
Con lei, pur non avendo mai avuto figli, sono stato un padre lo stesso. 
Ho fatto sesso con una sessantina di donne e sono pieno di lussuria ma non rinuncerei mai alla mia gatta per una donna. Perché il sesso è solo un passatempo; cosce, tette, visi di bionde, occhi asiatici, culi di nilotiche e pelle di latine sono un piacevole gioco mentre le carezze alla mia gatta sono amore e l’amore è più forte del piacere, più forte dell’ego, più forte di ogni altra cosa. L’ amore  e l’odio che nasce dall’essenza sono le cose più forti che uno può provare.                                                                               
I gatti sono fra le creature più affascinanti del mondo. E gli occhi verdi di Darkeyes sono ammantati da questo fascino. Sotto questa magia chiamata fascino c’è la sua essenza e io capisco accuratamente l’essenza dei gatti e le minimali differenze con l’essenza dei puma che mi spiavano a Yellowstone, delle linci che ho incontrato in Italia e della tigre che ho incrociato in India. Io sono fatto per loro, per i lupi e per gli orsi. Per quanto riguarda invece la bellezza, beh, lì non c’è partita. I gatti e i panthera sono i più belli del pianeta. Hanno il corpo più bello del pianeta e il viso (perché muso è specismo…) più bello della terra. Nessun uomo o donna può battere i lineamenti facciali di un gatto o di un giaguaro. Loro sono i più belli. Punto. Gli umani vendono tutto ma l’amore non si compra al mercato.

Darkeyes amore mio. 
By Fabio, your friend.
 


 AN EPIC LAND

Maghreb, Marocco 2014.

Mercoledì 2 Luglio) Parto per la nuova avventura, per un’altra terra da gustare e archiviare nella mia vita. Una terra di epici contrasti e remoti contorni. Scendo a Monza, invece di andare direttamente a Milano per comprarmi un fantasy da portarmi ma non riesco a trovare neppure un book dell’Armenia! Che cazzo è! La stanno boicottando!? Mah. Raggiungo Genova e quindi il Mediterranean sea. La città sul mare è una delle più ricche della costa del più grande mare europeo. Una francese, molto jolie, mi appoggia le tette sul braccio ogni volta che apre le porte per guardare fuori a ogni fermata. Uhm, e questa lo fa apposta! Mi limono un’altra francese, bionda e veramente bella e me la limono poco dopo che lei ha salutato il suo boyfriend. E’ anche lei una riccona e non sa che ha appena limonato con una fiera del caos selvaggio. Se lo saprebbe, almeno così potrebbe essere sicura di essere stata slinguata per la sua bellezza e non per la sua ricchezza. Mangio thai davanti alla stazione ma a parte la salsetta supertasty, il cibo è mediocre. In Europa ci sono tante stirpi discendenti da 4 ceppi principali: il germanico, il celtico, lo slavo e il latino-greco ma nessuno è più pazzo degli inglesi. Sto passeggiando sulla spiaggia sassosa della ricca città e numerose compagnie sbrasano, suonano e sparano cazzate in riva al mare quando vedo una tenda montata: gli inglesi stanno dormendo in spiaggia, abusivi e a 10 metri dal centro! Solo che si sono messi in un astuta posizione che li cela dagli sguardi dei vigili che passano proprio sopra di loro. Ah, ah, ah…fucking funny. Un gruppo di 4 ragazzi di circa 18 anni mi lancia qualcosa e così li minaccio. Loro si sporgono sulla balaustra e rispondono, io mi alzo e loro scappano. All’alba scendo in spiaggia e faccio il bagno nel Mediterraneo come da tradizione. E ora attendo l’aereo per l’epic land. Ma non sono felice perché la mia gatta è là, in quel cielo prima stellato, e nonostante lei dorma nel limbo cosmico e non ricordi, il suo cuore è mio per sempre.
G 3) Rincoglionito dal sonno dormo sull’aereo 2 h e quando manca solo 1 hr al landing mi sveglio e guardo dal finestrino. Sotto di me non c’è più il Mediterraneo ma una terra arida e montuosa. E’ già lei, la terra più antica del pianeta! Uhm, poi il mare riappare. No, no, sto sorvolando l’Andalusia e devo aspettare solo pochi minuti per vedere il continente più antico della Terra. Una landa brutale, spoglia e minacciosa. Sceso dall’aereo il caldo marocchino picchia ma non soffro più di tanto perché il Rajasthan e la Cappadocia erano più dure. Sono semplicemente fuori armonia perché io detesto il caldo secco. Ma alla grande montagna devo arrivare e là arriverò. E una nuova landa devo spiare e la esplorerò. Il Marocco è arido, brullo e sterminato. Marrakesh è una città di edifici marroni, molti edificati tanto tempo fa. Il centro è cinto da mura merlettate e torri di guardia tutte marroni come la terra che le ha costruite. Ma, a differenza dell’India e dell’Asia mongolica, la città è poco trafficata e poca gente cammina per le streets. Uomini e donne sono tutti ben coperti perché la sensualità è vietata nei paesi islamici. Alcune hanno addirittura il burka. Le vie non hanno il nome e neppure le guest house!! La mia home è in un fottuto vicolo e se non avessi dato 5 dihram (50 cent.) a un ragazzino non l’avrei mai trovata. Wow! I marocchini non mi seguono ma si limitano a chiamarmi per vendermi la loro merce. Trovare la stazione dei bus è improponibile per oggi perché sono rincoglionito dal sonno e perché non mi farò fottere dai prezzi ridicoli dei taxisti. Alla famosa Djema el-fnaa sto camminando fra le bancarelle quando vedo fra i venditori di gingilli, etc, dei serpenti giocattolo fatti veramente bene, troppo bene…mi avvicino e anche se sono rincoglionito dal sonno suona un campanello dentro di me e immediatamente mi scosto: fanculo! Ma quella è una vipera così figa che batte in bellezza il crotalo e se mi morde mi sa che lo batte anche in altre cose! E’ grossa e tozza, con le scaglie rialzate e appuntite tipo armatura e la pelle è di un grigio sfumato. Ma allora sono veri! Lei e i cobra! Eh già, gli incantatori le fanno alzare! Solo che questi cornuti non mi permettono di godermi i 2 snakes superfighi perché se li guardo da troppo vicino mi rompono i coglioni e se gli faccio le foto mi chiedono i cash. Fanculo! Uno di questi, compreso il mio interesse, mi si avvicina e cerca di convincermi ma io non do cash a chi schiavizza gli animali. E lui, simpaticissimo e alla mano  mi mette qualcosa intorno al collo. Brutto figlio di puttana! Scrollata e il serpente di 2 metri cade sull’asfalto della Djelma el-fnaa guardandomi. Brutto figlio di puttana!
Lui: “Ma è solo un bla-bla-bla. Non è velenoso. Vieni a vedere la vipera e il cobra…”
Dopo aver studiato tutte le bancarelle-ristorante ed essermi sorbito la lunga filastrocca di ogni dealer, ne scelgo uno e mi sparo il 1° tajine, al pollo. Buono. Le olive di contorno superbuone e ce ne sono di 5 tonalità e quindi gusti diversi. Le salsicce marocchine per me battono il tajine. Per ora.
V4) Il tipo della mia guest house non mi sveglia, così, in ritardo,  inizio a cercare il modo per raggiungere la grande montagna senza essere fregato. Ma prima faccio un inutile viaggio al Carrefour cercando invano le bombole del gas. Fanculo, hanno solo Campingaz!  Ma vaffanculo va, ce l’ho a casa; ho portato quelle della Primus! Ritornando a piedi sotto il sole africano posso capire qualcosa di Marrakesh. Allora, se non ci sono i nomi per trovare la bus station, è metodo India: taxi. Ma siccome Marrakesh ha le mura riesco a raggiungerla a piedi seguendone il non affollato perimetro esterno e orientandomi con i gates medioevali. Passare dalla Medina, l’interno della cittadella fortificata, disegnata secoli fa, gremita di umani, bancarelle e animali, gremita di vicoli stretti e contorti, significherebbe perdermi dopo 5 minuti perché i labirinti non possono essere percorsi senza un criterio orientativo. Entro nella station. Bene, bene. Ci sono gli uffici con le destinazioni…ma quello per il mio piccolo villaggio è chiuso! Per fortuna becco due western che mi confermano che il bus c’è, ma domattina, perché i marocchini cercano continuamente di fottermi inventandosi che non ci sono bus nel Ramadan. Così rinvio di un giorno la partenza e ritorno immergendomi nel caotico, medioevale mercato di Marrakesh per imparare a muovermi nel maze. Cammino fra l’odore di aringhe fritte ed enormi porzioni di carne appesi ai soffitti delle verande dei negozi. Ogni 10 metri, nel caos, c’è una bancarella di spremute: pesca, arancia, pompelmo o avocado. Uhm, dopotutto l’Africa del nord è invero la parte più meridionale dell’ Europa del sud e il vero mare che separa le 2 geozone continentali non è il Mediterraneo, bensì il mare di sabbia, il Sahara; quello è il vero mare da attraversare per entrare davvero in un altro mondo, nell’esotico, l’Africa dei nilotici, che inizia dal Senegal. Dopo essermi scolato una bottiglia di succo d’arancia, mi vedo i 2 quarti del mondiale: Francia-Germania e Brasile-Colombia in un ristorante vicino alla mia guest house. Mi cucina un buono e corposo tajine e mi riempie anche di pane e olive. Così vincolate dalla religione, la voglia di cazzo delle arabe trapela dai loro occhi scuri.
S5) Ovviamente il tipo della gh non mi sveglia neppure oggi ma il mio orologio biologico mi salva il day. Giunto alla stazione, il mio ufficio è fottutamente chiuso e così sono in balia dei truffatori e dei procacciatori che cercano di convincermi con le loro cazzate. Merda, e ora che faccio?! Non si capisce un cazzo e la tipa dell’ information asseconda le cazzate dei taxisti: “Non ci sono bus perché è Ramadan. O vai a Bab el-rob (…) e aspetti il bus di linea che passa o prendi il taxi. Tanto siamo onesti, il prezzo è giusto.”
A Bab el-rob io non posso andarci perché ci sono passato ieri e non si capisce un cazzo e chiedere vuol dire attirare i taxisti liers. Avendo però ascoltato le cazzate di due posti diversi posso sapere che 42 euro è la cazzata iniziale. Tiro e contratto e riesco a scendere fino a 25 euro. Dopotutto sono solo e il taxista deve fare un tot di 100 km. Alla fine scoprirò che mi ha fottuto di 5 euro. Uhm, va beh. Il Marocco, l’Africa, è un territorio duro e potente, spietato e implacabile. La roccia delle montagne è di un rosso scuro e intenso e io so in cuor mio che non devo far cazzate qui. Al villaggio eludo il tipo dell’office che prova ad appiopparmi la guida a 350 euro!! Il prezzo vero sarebbe 120 ma comunque io camminerò da solo. Aspetto la prima comitiva di occidentali e facendo l’indiano li seguo scoprendo dove comincia il trail. Prima di partire mi rimpinzo di cibo da un berbero che vive imboscato nel villaggio. Mi porta un tajine enorme, nettamente più buono di quello di Marrakesh, fatto con patate (supergood energy) e carne; un enorme pane berbero (altro carbo), le solite olive  e un antipasto fatto con cipolle e pomodoro. E per finire acqua e melone (5 fettone). Sono le 15.00 quando imbocco il path e inizio la salita dell’Atlas, una nuova catena montuosa per i miei occhi e per il mio ego. Ho 22 kg sulle spalle e i marocchini mi guardano sconvolti. Eh amico, io sono una belva del caos. Parto da 1700 m ma il sole dell’Africa picchia implacabile lo stesso over 40° nonostante il mio cappello da cowboy. Trekko 3h fino a 2400 m fra queste montagne dove la roccia rossastra e il subdeserto dipingono una bellezza spietata e dura. Pochi prati e radi alberi macchiano l’Atlante. Per il resto io sono nella roccia e sotto il sole. Giganti di 4000 m mi attendono all’orizzonte, in questo cielo eternamente limpido e implacabile. Dovrò attendere il tramonto per avere tregua dal caldo, e ora sta giungendo, ora, alle 19.42 mentre scrivo in questa capanna berbera, da solo. Questa capanna ha 3 lati chiusi e il 4° è aperto. Di giorno è un negozio ma il berbero me l’ha affittata per questa notte e mi ha fatto montare la tenda dentro. Mentre scrivo guardo le dure montagne intorno a me. Le montagne sono giuste e sagge e comprendono il mio dolore perché le montagne sono grandi anime e non giudicano l’amore degli altri da una prospettiva ottusa. Le montagne capiscono l’amore degli altri e solo chi capisce può essere un maestro. Perché Darkeyes, la gatta del mio cuore, è lassù, anche in questo cielo antico. E mentre assaporo questa nuova terra, mentre vivo l’Africa, una parte di me aspetta il tempo, nell’eternità, in cui io e la mia gattona ci rincontreremo. E intanto il tramonto sta calando.
D6) E’ una splendida notte stellata fra i contorni mastodontici dei monti Atlas. Spira un vento piacevolissimo mentre dormo sotto la baracca-store di un berbero che mi ha proposto di montarci dentro la tenda per 15 dihram. Il villaggio berbero segue i ritmi di madre natura come me e dopo il tramonto, verso le 20.30, tutto tace eccetto i fiumi e le cascate. Alla mattina mi rimetto il mio fottuto, pesantissimo zaino di 22 kg e dai 2400 m inizio il trek verso il campo base. I marocchini cercano invano di convincermi a noleggiare i loro muli per il bagaglio; ma io vinco da solo. Sparano anche una sfilza di palle sulla lunghezza dell’itinerario ma io ho la cartina e so che si tratta di un trek di 4 h che con il mio zaino salirà a 6 h. Salgo, soffro e cuocio sotto il torrido sole dell’Africa che implacabile brucerà così fino al tramonto. Il cielo cobalto non ha neppure una nuvola bianca. Così è questa terra, il Marocco, una landa meravigliosa. Costeggio un fiume che sarà sotto di me per tutto il trek, nel burrone che divide le aride montagne parallele. Il fiume è l’unica cosa umida oltre al mio corpo sudato in questo grandioso inferno climatico. Perché io detesto questo caldo secco e imperituro. Marcio fra queste maestose montagne  ambrate di rosso. Marcio fra le rocce e il sole perché i cespugli bassi, spinosi e chiari chiazzano solo a tratti questi monti brutali e spietati. 22 kg sulla schiena e in up sono solo per uno che ha una tenacia disumana. Una volta in un documentario ho visto un leopardo aspettare immobile, sopra la tana di un facocero per 5 hr sotto il sole del tropico; ho visto la mia gatta morire senza lamentarsi nè piangere, coi coglioni grossi così e coi coglioni grossi così resistere per giorni e nonostante la morte che sopraggiungeva l’ho vista chiamarmi per essere amata perché gli animali hanno un corpo più forte e una tenacia superiore. Gli animali sono stoici. Così, anche se non posso essere forte come un animale, posso comunque permettermi di essere animato da una tenacia disumana ed essere uno sconosciuto campione fra gli umani. Mentre marcio in questo paradiso rovente il mio corpo mi chiede di mettere giù questo zaino cazzuto e di tornarmene a Marrakesh a vedere i mondiali, a mangiare tajine e a provarci con qualche marocchina. Ma alla regina del Sahara devo arrivare e là arriverò perché io sono il padrone del mio corpo. Sono i miei polmoni a segnalarmi quando giungo a 2800 perché conosco bene questo cambio nell’ansimare e il bisogno più frequente di sostare. Ci sono tanti inglesi, spagnoli e francesi. Partito alle 8.00, raggiungo il rifugio Toubkal a 3200 m, alle 13.00, e lì mi accampo. Ora scrivo in questo eden spietato aspettando il tramonto, quando il sole dell’Africa smetterà di picchiare sulla mia testa. Non avendo i gas-box devo accontentarmi di pane, pane e pane. Ci spalmo dentro le banane per avere un gusto decente e domani inizierò a usare la carne che ho essiccato a casa.
L7) Mi desto alle 6.30 quando ormai il sole dell’Africa ha già dipinto e definito tutto l’Atlas intorno alla mia tenda. Mi sparo a forza 150 gr di uno schifoso pan carrè in busta. La carne che ho essiccato, le mele e le banane dried invece sono buone. Preso il cappello da cowboy e lo zainetto con l’antirain (…), cibo, acqua e l’ottima giacchetta regalatami da mister Christian, inizio la scalata del Toubkal (arabo) o Idraren Draaren (berbero), la montagna più alta di tutto il Nord Africa. La giacchetta di mister Christian tiene caldo quando fa freddo e fresco quando fa caldo…meglio di così! Il path parte subito dopo il rifugio e io lo imbocco in contemporanea con 3 spagnoli con cui faccio amicizia. 2 castigliani tifosi del Real e 1 della Cantabria tifoso dell’Atletico Madrid!  Lo steep è subito impegnativo e dai 3200 m il trail sale duro e ripido fra le rocce ambrate, spietate e brutali dell’Atlas. Rocce che sembrano arrostite dal sole.  Trekko e soffro in un epico mondo fatto di grandiose cime di 4000 m che sono inflessibili muri  di bizzarre rocce rossastre, muri scolpiti dai millenni. Al 2° passo un tedesco m’informa che sono a 3650 metri, il mio punto max, raggiunto nel 2012 sul Vioz. Sono fottutamente curioso di sentire cosa succederà al mio corpo d’ora in poi e soprattutto dopo i famigerati 3800, dove tanti mollano. Proprio al passo un’altra curiosità viene saziata: il Toubkal. Eccolo, finalmente. Il re del Marocco si nascondeva dietro i suoi 9 guerrieri over 4000 e ad altri 3800 e 3900 che sono forgiati in una bellezza dura come il viso delle leonesse. Da qui il Marocco civilizzato è lontano perché ora sono al confine con il cielo. Salgo e ansimo, salgo e mi fermo sovente a respirare mentre i guerrieri del re maghrebino diventano bellissime creste che dividono il cielo dalla Terra  e orli di roccia che servono per spiare il Sahara. L’arido, sterminato Marocco è sotto di me. Sopra i 3800 m l’affanno respiratorio degli over 3000, semplicemente  si esacerba, ma la vera botta l’accuso proprio superati i 4000 m, quando inizia la scalata finale verso la ripida vetta del Toubkal. Uno degli spagnoli molla il colpa, un altro invece sale spedito e il terzo, come me, sale fermandosi ogni 20 passi. Si piega anche sulle ginocchia per respirare. L’esacerbazione dell’affanno respiratorio non è però, per me, la sofferenza peggiore. La peggiore è alle gambe. La mia curiosità viene soddisfatta: i quadricipiti mi diventano roventi come quando sono al limite della leg extension, sento l’acido lattico nelle gambe, il dolore nelle legs, la stanchezza e la fatica. Sapevo che un  3000 è duro, ma ora so anche che un 4000 non è un 3000. Gli ultimi 160 metri di up  sono anche molto ripidi. E io ascolto il mio corpo scoprendo sensazioni mai sentite prima nonostante marciare con 25 kg  per 200 km sia ancora più duro dei 4000. Ma cambia proprio il tipo di sensazione e dolore. Figata. Raggiungo i 4167 metri del Toubkal e mi siedo sotto il limpido, rovente cielo dell’Africa alle 12.20 circa. Ora posso vedere l’altro versante sotto di me. Il subdeserto  non c’è più. Quello che io guardo da 4167 metri è il deserto più grande del pianeta. Il Sahara. Laggiù, dove non posso scendere perché non ho la conoscenza tecnica per affrontarlo. Il Sahara, una landa di roccia ocra e terra di un marrone rovente e assassino. Quando scendo e trovo la pool di una cascata per sciacquarmi torno per pochi minuti in armonia con il mio corpo. Mia amata jungla. Dopo un riposo di 40 minuti mi rimetto il mio fottuto zaino, ora sui 19 kg, prendo la mia home e m’incammino, in down, lungo l’epica valle dell’Atlas lasciandomi i giganti over 4000 alle spalle. Ho in programma di dormire al villaggio berbero, come l’altro ieri, ma appurata la velocità di discesa, torno direttamente al villaggio di partenza, giù a 1700. Incontro una vipera superfiga e tigrata, 2 volte più grande delle europee. Verso le 19.00 busso alla porta di Ibrahim pregustandomi un altro ottimo tajine dopo il fottuto pane industriale che ho dovuto mangiarmi stamattina!! Mi da una stanza senza letti, con scomodissimi materassi abbelliti dalle stoffe marocchine. Conosco l’ennesima inglese figa di questo viaggio 2014, una bionda con gli occhi supersexy che però ha il boyfriend. La cena inizia con i datteri e un buon dolce marocchino seguita dalla peggior minestra mai assaggiata in vita mia: un obrobrio biancastro con semolino che gli inglesi e i francesi apprezzano. Poi arriva il grande, gustoso tajine di pollo e patate che condivido con un gattino di 2 mesi.   
M8) Dormo sul pavimento filtrando il cemento con il tappeto e il mio materassino perché i suoi materassi  sono scarsi e inclinati! Scendo le scale per la colazione e sento i polpacci doloranti e il mio body ancora molto stanco. Dopo la supercolazione, il padrone della GH cerca ancora di fregarmi inventandosi che il prezzo pattuito ieri non era 150 Dr ma 200. Siccome io non cedo, allora s’inventa che però è 160 per l’acqua!
Io: “Tu dimmi una cena in cui l’acqua non è inclusa!”
Scendo verso il villaggio e conosco l’ennesima bionda inglese che mi fa venir voglia di scoparla e scopargli le tettone. Al parcheggio mi siedo e aspetto, come d’accordo, gli spagnoli che dovrebbero giungere dall’altro paesino alle 12.00. Un bancarellaio di gioielleria artigianale mi assilla per 20 minuti mostrandomi tutti i suoi circa 50 pezzi esposti. Poi ricevo l’ennesima proposta di baratto: la mia tenda per un vestito e la mia maglietta dell’Adidas per un pugnale. Il sole picchia tosto e io sosto nel villaggio osservando i marocchini e le loro donne passeggiare e contrattare conigli, galletti e abiti fra le vecchie case marroni. Mentre osservo le posture e gli occhi degli animali sono sempre più convinto che il vegetarianesimo si l’unica via per l’umanità. Per quelli buoni perché è giusto e per quelli cattivi perché la natura è più dura degli uomini e farà pagare col sangue tutte le violenze perpetrate  ai suoi figli in schiavitù. Serpenti, gatti e lupi sono autorizzati dal cosmo a uccidere, devono uccidere. Finito il loro ciclo, essi, ovviamente non ricevono sanzioni dalla grande madre. Essi rimangono innocenti. Ma gli umani no. Gli umani non sono autorizzati. Gli umani possono uccidere solo sul campo di battaglia altri esseri umani percorrendo il sentiero del guerriero. Gli umani non sono autorizzati a uccidere animali. I canini che la grande madre ci ha dato sono solo perché la 1° legge del cosmo è il libero arbitrio e quindi abbiamo anche la possibilità di scegliere e seguire il sentiero delle tenebre mangiando carne. Una scelta che poi pagheremo con il nostro sangue. Quelli invece che uccidono animali per motivi totalmente e gravemente colpevoli (pellicce, vestiti, divertimento o business), beh quelli (sia chi uccide, chi vende e chi compra) sono destinati alle torture più atroci. I pecoroni umani e umane che in Europa, Asia e Nord America comprano le giacche con il pelo sul colletto oltre ad essere abomini al livello di chi uccide i bambini non si rendono conto di quali botte infernali li attendono dalla natura. Nessuna autorità, nessuna legge, nessuna telecamera e nessuno salverà noi che mangiamo la carne e soprattutto loro (gli abomini che vestono pellicce) dalla violenza della grande madre. Perché la natura vince sempre. E il caos selvaggio, il grande padre, è l’implacabile forza che la guida.
I marocchini sono tutti rigorosamente coperti dai vestiti tradizionali e le donne in più hanno anche il velo. Rare quelle col burka. Una marocchina e un marocchino vestiti all’occidentale e quindi con le braccia scoperte e scollati sul torace suscitano la curiosità severa e maliziosa dei berberi. Mentre io che sono in pantaloncini non ho molta importanza perché noi western “siamo così.” Divido il taxi con i 3 spagnoli e siccome il taxi-man sotto i 30 non scende, con 8 euro torno a Marrakesh viaggiando fra i remoti villaggi che sembrano dipinti e sfumati  sugli epici Atlas. Ho una lista di cose da fare nella città del commercio marocchino. 1: prenotare un tavolo al mio ristorante preferito perché tra meno di 3 hr c’è il match dei match, il derby del mondo: le 2 squadre più gloriose della storia: il Brasil pentacampeone e la Germania che è più gloriosa dell’Italia perché pur avendo 1 mondiale in meno ha però 3 Europei e una sfilza infinita di semifinali e finali. I forti arrivano in semifinale. E arrivarci quasi sempre indica che sei forte, punto e basta. E’ da vincenti arrivare secondi o terzi. E’ un vincente che ha trovato uno o due più forti di lui. Vincere il mondiale e poi uscire al 1° turno invece è cosa squallidissima. I vincenti vanno in semifinale, i perdenti escono al 1° turno. 2: vado alla stazione  e mi compro il ticket per domani, per la valle del Dades, un’altra landa epica. 3: cambio i cash perché là forse non si può. 4: fichi d’India, pesciolini fritti e succo d’arancia nel mercato della medina e godo ma sono veramente indeciso se diventare vegetariano o meno. E comunque se rimanessi carnivoro lo farei consapevole dello sbaglio. 5: ricerca della lavanderia automatica, ricerca fallita. 6: avvicinarmi il più possibile alla vipera cornuta per osservare da vicino questo bellissimo serpente, ovviamente gli incantatori mi scasseranno il cazzo. Concludo con una spremuta di pompelmo very good.
M9)   Eludo un nuovo tentativo d’inculata perché l’addetto ai bagagli s’inventa che devo pagare 4 euro in più…lascio Marrakesh e m’addentro nell’oriente marocchino viaggiando sugli Atlas, su queste montagne dove i prati verde-tenue sono continuamente striati dalla roccia rossastra. Infiniti cespugli di piccoli cactus sembrano l’unica cosa che viva. Dopo 3 hr i prati scompaiono e le montagne diventano colossi di spoglia roccia e sassi eternamente bruciati dal duro sole  africano. Mi aspettavo che il subdeserto continuasse fino all’ultimo villaggio, invece, sceso dagli Atlas, boom! Sono già nel deserto. Nel deserto più grande del mondo. Terra arsa e sassi roventi fino all’orizzonte sotto un cielo anomalamente nuovoloso!!...La prima città  che incontro è Ouarzazate. Una fortezza da sogno dista forse 1 km di deserto dalla moderna città. Proseguo nel Sahara che intorno a me, fuori dal finestrino, è vasto quanto il cielo con cui confina. Si chiama hammada questa zona periferica del deserto. Non ci sono ancora le dune. Qui è terra rossa e sassi. E uno sballo mentale da vivere almeno 1 volta nella vita. Dopo circa 70 km di questo sballo, uno stretto, improbabile bosco di palme copre l’orizzonte a nord. A sud tutto il cielo non può specchiarsi nell’hammada solo perché la terra non riflette. Il bus si ferma qui. E io, da solo, cammino sulla sottile striscia d’asfalto nera che osa insinuarsi in questo mondo.  Epiche, bellissime case di fango e paglia si nascondono nell’oasi alla mia destra. Alla mia sinistra c’è solo l’immensa, spietata wilderness che mi ucciderebbe in pochi giorni. Guest house e negozi non hanno l’insegna e neppure il mio campeggio. E’ un cortile delimitato da mura e torrette di fango. Il portone di legno si apre ed escono un bambino e un cane che mi accompagnano alla reception. Montata la tenda all’ombra, m’incammino per 2 km sulla lingua d’asfalto nero verso il piccolo paesino che cresce fra l’oasi e il crudo, sterminato Sahara. Compro 4 fichi d’India al mercato e poi trovo il bar dove mangiare e guardare la semifinale. Telecronaca in arabo e 30 marocchini che tifano Argentina. L’oste mi porta 4 brochette, l’insalata marocchina, un formaggio di capra da mischiarci dentro e una crepe al miele. Le brochette sono squisiti spiedini speziati che condivido con un gatto. Mascherano e De Jong vincono le rispettive sfide contro i 2 forti attacchi. Sabella e Van Gaal riescono a non concedere ripartenze e contropiedi che Robben e Messi renderebbero devastanti e così finisce 0-0. E nella notte del  silenzioso Sahara  io torno alla mia tenda. Enjoy the life.  
G10) Devo aprire la tenda per 5 minuti e controllare che nessun scorpione, ragno  o serpente entri. Ma è necessario per dissipare almeno un poco del calore accumulato perché altrimenti dormire sarebbe impossibile. Poi, chiusa la zanzariera, posso dormire. Sono l’unico campeggiatore  perché luglio è considerato mese troppo caldo e i campeggiatori arrivano a settembre, marzo e gennaio. Gli italiani, invece, arrivano a gruppi, in agosto. Ma noi figli del caos selvaggio siamo liberi. Liberi di mangiare polenta a luglio e ghiaccioli a gennaio. Perché la tenacia è cosa nostra. Devo fare solo 300 m per raggiungere la kasbah, il castello medioevale che secoli fa proteggeva il villaggio di fango nascosto nell’oasi di palme. Nel 2014, con la Terra devastata dalla velenosa tecnologia e le città disegnate come orripilanti galere di cemento, questo castello di fango e paglia può essere chiamato con un solo epiteto: epico. Epico in una terra epica. Il castello medioevale è una meraviglia del passato. Un edificio africano fatto integralmente di mura, torri e merletti di fango e paglia. Feritoie e portoni dal passato e incisioni che credo appartengano alla scienza dimenticata. Esploro la kasbah e giunto sui bastioni osservo l’oasi e poco distante la periferia rocciosa dello sconfinato Sahara. Forse fra 200 km vedrò le famigerate dune di sabbia ma questo è ancora il border. Il castello oltre ad avere un colore ocra naturale ha uno shape così esotico che mi sembra di viaggiare nel tempo. In un tempo che non ho mai vissuto. Sedutomi nel cortile mi mangio ancora brochettes, insalata (pomodori, cipolle e spezie) e  diverse fette di un fresco, gustoso melone. I 3 gatti  che siedono di fianco a me mangiando il tacchino che gli do conoscono già tutto il menù. Sanno quando accompagnarmi nel pranzo e quando (melone) addormentarsi sulla sedia. Uscito, mi addentro nel torrido palmeto. Ogni tanto appaiono altri storici, remoti edifici in fango e paglia abitati da famiglie che sono silenziose  nel pomeriggio del Sahara. Alle 16.00 attendo il bus per l’est. Alle 18.00 il bus non è ancora giunto ma i marocchini sono molto ottimisti: “No problem con il transport, arriva, arriva!”
Passo il tempo mangiando i fichi d’India che compro dal carretto parcheggiato di fianco alla fermata. Alle 18.30 arriva davvero battendo di netto  la disorganizzazione indiana dove i ritardi si attestano sui 45-70 minuti. Lasciatomi alle spalle l’oasi e il villaggio io viaggio nella trascendenza astrale della grande madre inimitabile, la natura. Vederlo nei documentari o nelle foto è una cosa, viverlo e attraversarlo è un’altra cosa. Il Sahara sterminato. Una marziana distesa di terra nuda, sassi roventi e rocce solenni. Durante le brevi pause non posso tenere un sasso in mano per troppi secondi perché scotta. La statale è un ipnotica striscia di asfalto nel deserto che confina con tutti e 4 gli orizzonti e proprio come in Lapponia, nella taiga, anche qui non c’è praticamente traffico. Solo io e il mio bus. Nilotici, arabi e berberi. L’inglese lo parlano in pochissimi e io devo arrangiarmi con le 4 parole di francese che ricordo. Lungo i 70 km di strada surreale passiamo 2 cittadine che dimorano improbabili a 1 km da noi. 2 porte con 2 reti e 4 strisce bianche delimitano un pazzesco campo da calcio di terra rossa ritagliato nel Sahara infinito. Calato il tramonto arrivo alla terza cittadina, oltre 100 km all’interno del deserto. Considerando però che il confine orientale è il mar Rosso, sono comunque solo al limitare occidentale. So già che la bellezza che vedrò non potrà battere il core del deserto più grande del mondo perché Ciad, Libia e Algeria hanno sicuramente i mondi alieni più belli del Nord Africa. Mi siedo nella piazza scegliendo il secondo, grezzo oste del centro. Sono dei localini al pianterreno dei palazzi, uno di fianco all’altro e il cliente può mangiare sui tavolini di fuori. La piazza è gremita. Proprio come a Bangkok non mangi bene ma mangerai bene ad Ayutthaya, come a Milano non c’è un cazzo ed è meglio curiosare nei nascosti ristoranti del lecchese, così mi accorgo che a Marrakesh, nella Djelma el-fnaa,  ho mangiato veramente mediocre. Persino il  normale succo d’arancia di Marrakesh qui diventa una bevanda sublime. Schiumoso e denso, a 37 anni, so finalmente cosa è un’arancia. L’insignificante succo d’avocado di Marrakesh qui mi riporta ai paradisi indonesiani. Inizio con l’harira, una zuppa di ceci, pomodoro e pepe. E concludo con il miglior tajine del mio viaggio maghrebino: fatto con kofte, uovo, una spezia supergood e poi boh. Di fianco al mio tavolo si siede un tuareg. Guerrieri, nomadi e banditi del deserto. Ha il viso metà nilotico e metà europeo, gli occhi verdi, la pelle nera e veste la maglia della Juve! Parla inglese very well. Dopo aver conversato e aver ascoltato che sa attraversare il deserto da solo, sa tutte le conoscenze zoologiche del Sahara e avermi invitato a cena, domani, dalla sua famiglia, mi propone un albergo. Uhm, mi ha individuato fra la folla e ora sta cacciando. E’ un procacciatore. Il prezzo mi sta veramente bene e la posizione anche. Così ora scrivo nella mia nuova stanza. E’ sera. Ma più ti avvicini alle dune di sabbia, più vai a est e più fa caldo. La piazza sotto di me è vuota e il cielo stellato è lo stesso rovente. Un altro gattino si è seduto sul mio balcone, sotto il mio davanzale e sta mangiando la carne secca che gli ho aperto.
V11) Mi sveglio nel tepore del mattino quando il sole del deserto ancora non picchia forte. Sotto la mia finestra, nella piazza di terra, il mercato è già iniziato: furgoni strapieni di angurie, bancarelle colme di meloni, tendoni arredati con cassette d’uva, mele e arance; una ventina di fruttivendoli competono l’uno di fianco all’altro. Devo andare nel canyon del Dades ma la disorganizzazione africana è un ostacolo che non riesco a eludere: 1 non trovo mappe da nessuna parte; 2 uno dice che è a 40 km, un altro a 25, un altro a 7 e la pasticceria addirittura a 2! C’è un modo per andarci sicuri ed è hiring una delle guide dell’albergo ma siccome oggi ho una vena tirchia decido di sperare che la pasticcera abbia ragione. Fatto il pieno di buonissimi pasticcini marocchini, m’incammino lungo la statale che attraversa temerariamente il deserto del Sahara. Dopo nemmeno 300 m supero il ponte di un fiume in secca, il Dades per l’appunto. E subito la mia hope viene spenta: il cartello è inclemente: gole del Dades, 45 km!! Quando i taxisti dicono le palle sono a lungo termine e bisogna aspettare per capire l’obiettivo della bugia. Dopo 25 km ci sarebbe stato qualche spettacolo naturale ma non il canyon e allora tac! Avrebbe chiesto il supplemento. Beh, oggi perderò la mia giornata e uno degli obiettivi del viaggio ma almeno non perderò l’orgoglio di non farmi fregare. Decido comunque di camminare per 5 km lungo la statale che costeggia il Dades sperando di trovare qualche spettacolo naturale scolpito nel Sahara. Dopo forse 3 km il deserto alla mia sinistra si solleva in marziane, remoti e grotteschi rilievi di roccia fangosa. La roccia rossastra, eccetto il colore, da l’impressione che da una palla di neve che rotolando s’ingrandisce intrappolando all’interno anche sassi e sedimenti: la roccia è ricoperta di strati fangosi che hanno imprigionato decine di sassi. Sulla mia destra, invece, lungo il Dades, cresce una striscia di verde vegetazione. Praticamente un’oasi coltivata lungo gli argini del river. Sull’altra riva le sponde sono stupendamente marziane. Uhm, ci sono vari livelli d’intelligenza ma la logica è una sola e non deve essere difficile penetrare nell’oasi, attraversarla e imboccare il path che vedo a est. E così faccio fermandomi sotto gli alberi a mangiare pasticcini, pane, uva e arance. Il breve percorso lungo le sponde del Dades mi regala delle immagini epiche perché questa è una landa epica. Terra rossastra, rocce arrotondate e levigate dal tempo, pinnacoli che si fondono con il Sahara sterminato. Dopo forse 1,5 km mi ritrovo a camminare lungo la periferia di un paese con le tipiche case di fango, ogni edificio marrone e un paio di antichi castelli. Alla sera vado a mangiare a casa del tuareg e di sua moglie berbera. Si mangia sui tappeti, nella veranda a cielo aperto: datteri, harissa, pizza berbera (una buona focaccia ripiena di cipolle, carne e pepe), torta, pasticcini, succo d’arancia e uova speziate. Poi mi racconta del suo viaggio di 3 anni che lo ha portato dal Senegal al Ciad, al Sudan, tornando in Marocco dalla Libia e dall’Algeria. Un fantastico vagabondaggio per tutto il Sahara reso possibile dalla conoscenza militare delle regole di sopravvivenza e orientamento che i tuareg apprendono nell’infanzia.
S12) Aspetto il bus all’ombra, sul ponte, mangiando una pagnotta di pane arabo che puccio nella buonissima, piccante salsetta rossa marocchina, l’harira: uno dei motivi per cui il Marocco fa parte della vita goduta. 1 dirham, me l’ha venduta pesandomela con la bilancia a pesi. Mentre mangio, nel palmeto sotto di me, qualcuno miagola. E io gli rispondo perché i gatti sono la cosa più bella di questo pianeta in mano al cancro chiamato umanità. Migliaia km più a sud, diversi vermi, degni figli del cancro e grandissimi codardi devoti del dio-denaro stanno uccidendo rinoceronti ed elefanti per il puro, perfido gusto di farlo. Altri codardi, di solito sposati con prostitute che chiamano mogli anche se li sposano solo per i soldi (ah, ah, ah…)  stanno uccidendo i campioni dell’Africa, i leoni. E’ imbarazzante essere nato umano quando l’umanità è piena di codardi armati che uccidono i veri guerrieri. Altri codardi, superdevoti del god-money stanno massacrando leopardi e caracal perché il cancro-umano va a fare business con la pastorizia in paradisi chiamati savana che non sono stati creati per il business dei deboli, codardi devoti del soldo. La savana è  dei leopardi. E i leopardi hanno la licenza di uccidere datagli dalla grande madre. E i leopardi uccidono per mangiare, non per arricchirsi come fanno i vermi pastori e allevatori. Se uno vuole fare business, che se ne vada in città o in campagna. Tad Bundy era un cattivo mostro perché uccideva i “sacri”, intoccabili esseri umani, i cacciatori invece che fanno la stessa cosa con gli animali invece sono buoni…brava gente. Gli ipocriti di scarsa intelligenza gli chiedono: “Cosa hai ucciso?” 
Le persone giuste che parlano in modo veritiero invece parlano così: “Chi hai ucciso?” 
Che la grande madre distrugga nel dolore tutti questi vermi umani che uccidono gli animali, che il grande padre caos distrugga nell’agonia le mogli di questi codardi bipedi e i loro averi.
Il gatto nero esce dopo un po’, guardandomi e chiedendomi deliberatamente cibo. La grande madre mi sta facendo incontrare tutti questi gatti per il lutto che covo nel mio cuore. La grande madre è giusta. Io prendo uno dei miei sacchetti di carne secca e gli lancio il primo pezzo. Lui fugge fra gli alberi e aspetta che mi giro per tornare a mangiarsi la carne. Dopo aver rassicurato la sua furbizia con la mia etologia, perché gli animali pensano e Lorenz era uno scemo laureato, lui staziona sotto di me, allo scoperto, e si gode la carne che gli butto. I pezzettini che saltano più lontano lui li ritrova con l’olfatto ma non avendo il naso di un canide che risale al pezzo più facilmente seguendone il flusso, il micio nero deve usare anche la sua malizia e intelligenza chiedendosi se il pezzo è di qua o di là. Meravigliosa “macchina” biologica dotata di cuore. Creatura bellissima e tecnica, maestro di guerra e sensi superiori, il gatto è il capolavoro della natura. E codardi amorfi con mogli che non valgono niente si permettono di uccidere il gatto supremo! Uno che uccide un leone è un verme. Salito sul bus inizio il lungo viaggio verso la sabbia totale alle 15.00. Viaggio nel Sahara, in un mondo vasto quanto pazzesco. Il deserto rosso e pietroso diventa nero, poi giallo e alle 18.00 quando entro nell’oceano di sabbia…diluvia!! Gli Atlas ai confini della landa desolata sono simili alle montagne del Grand Canyon ma attaccate dall’insolita pioggia, vomitano cascate di fango e acqua che fumano un tenebroso vapore verso il cielo oscuro. Terminato il breve ma intenso temporale, il deserto mi regala anche una tormenta di vento. La sabbia danza sull’asfalto e la visuale è limitata come durante la nebbia. E il bus sfreccia veloce in questa notte surreale. Raggiungo l’ultimo villaggio ai confini con l’infinita sabbia. Il vento, caldissimo, soffia furioso e la sabbia non mi fa vedere un cazzo di quel poco che si riuscirebbe a vedere. Un tuareg nilotico fortunatamente mi viene a prendere e mi conduce all’imboscatissimo albergo. E’ meglio che non parlo perché se no mastico granelli di sabbia. Tuttora, in stanza, il vento soffia. E’ sera ma io sudo. Neri con il turbante e il velo davanti alla bocca mi aspettano nel ristorante. Il cielo è coperto dalla sabbia e solo la luna vince la tormenta. L’acqua della doccia è calda, le mura della mia room sono calde, le lenzuola e i cuscini dei miei 2 letti sono caldi. Fa un caldo torrido e io in questo nuovo mondo estremo me la diverto alla grande ascoltando con tutti i miei sensi il Sahara intorno a me. All’esterno, invece, nel cortile sabbioso, fra i muri di fango e paglia, sotto il cielo buio, c’è praticamente la temperatura che tutti gli umani, cancri e non, sognano. A petto nudo non fa né caldo né freddo. Non esiste una situazione climatica così in Europa. Non c’è neppure un tiepido tepore né un accenno di fresco. Niente. C’è il clima perfetto per il corpo.   
D13) Alla mattina la tormenta è cessata e io esco sotto il limpido cielo dell’Africa per sperimentare il mio primo trek nel deserto. I marocchini sono tutti in casa e riposano in attesa del tramonto. Viaggiatori non  ce ne sono e io e un francese siamo gli unici  che si avventurano nel Sahara perché a luglio i turisti non vengono per il caldo eccessivo. Arriveranno solo dopo il 20 di agosto quando la temperatura non supererà i 50°. Ma siccome ho attraversato la  Lapponia  4 volte con 25 kg non solo io vado sulla duna a luglio, ma ci vado alle 11.00 calcolando che raggiungerò la vetta sabbiosa fra le 12.30 e le 13.00 quando il sole è insopportabile per chi non ha una grande tenacia. Le case  di fango sono tutte chiuse e il villaggio sembra disabitato ma stasera per la finale i marocchini si riverseranno in massa nei caffè e nei ristoranti. Superato il villaggio e un gruppo di dromedari che foraggiano, raggiungo il limitare della sabbia dorata. Le dune sono onde immobili davanti a me ma il vento ne ghermisce i granelli di sabbia che roventi pungono la mia faccia e così le colline dorate sfumano nel cielo azzurro. Avanzo nel deserto, a petto nudo e con il cappello texano e il caldo torrido è duro ma non è la cosa più dura. La cosa più dura è scalare la ripida  duna  mentre i miei piedi sprofondano nella sabbia e i quadricipiti mi bruciano ancora più del sole che implacabile picchia sulla mia pelle. Bisogna trekkare sulla cresta delle dune scegliendo il lato meno ripido. Le prime dune sono alte solo 5-10 m ma poi, nel mare giallo, inizio l’ascesa sulla collina di sabbia di 160 m. Il Sahara è bello ma doloroso soprattutto per le mie gambe. Raggiungo la sommità della grande duna alle 12.47 e osservo la varietà infinita della Madre Terra, qui dorata, tutta intorno a me. Ho visto e vissuto la jungla, la taiga, la tundra; le Alpi, i canyon, i subdeserti, le foreste tropicali secche, i fiordi, le isole-paradiso, i laghi primitivi della Carelia, quelli antropizzati dell’Italia Cisalpina e ora mi godo anche il deserto. Quello del Sahara. Una distesa di splendenti dune e pianure di terra nuda e rocce che può uccidermi quando vuole. La libertà viene dal coraggio, dalla tenacia e dalla conoscenza. Il tuareg, infatti, potrebbe attraversarlo tutto questo deserto, fino all’ Egitto. Io no, perché mi manca la conoscenza delle regole e dei trucchi di orientamento e di sopravvivenza. La sabbia che stringo in pugno è la cruda essenza di questo mondo. Una iena che giunge dalla Mauritania è essenza. Anche il piccolo fennec che gironzola di notte. Nessuno invece è più lontano dall’essenza di chi ha come divinità il debole e illusorio dio-denaro: la convenzione più bugiarda mai inventata dall’essere umano. E’ possibile leggere la verità delle cose anche osservando un granello di sabbia se ci si situa nella coscienza maschile. La poesia che sta dentro la natura. Una poesia molto concreta. Il perfido scarlatto è molto contento che 170 anni fa un rincoglionito chiamato Charles Darwin  si sia inventato una cazzata chiamata teoria dell’evoluzione. Lui è molto contento di ciò perché l’umanità è totalmente deviata verso la sua strada del vuoto anche da questa bugia. Ma la malizia decodifica e svela le bugie e questi granelli di sabbia la sanno tutta la verità. Anche il cielo la sa. Anche questa goccia d’acqua nella mia bottiglia. E questo vento che soffia forte la conosce tutta la verità. La poesia che impregna la materia, la poesia che il perfido scarlatto non vuole venga rienunciata perché incatenare i maschi è più difficile che incatenare le donne. E ora il piano del malvagio scarlatto prosegue speditamente bene con gli stolti e le stolte che guidano l’umanità. Al ritorno trovo il ristorante dove vedere la finale del mondiale e conosco il francese, unico altro turista al villaggio fino a ieri. E’ stato in Iran, Uzbekistan, Mongolia e Libano. Insomma uno che sa divertirsi alla grande e che ha un pallino per i paesi musulmani pur essendo fermamente cattolico.  Io, il francese, 2 france-girls, 2 mexicani e 30 marocchini ci guardiamo la finale del mondiale 2014 nel deserto del Sahara, a solo 1 km dalle dune e dal mare di sabbia. La Germania vince il suo 4° mondiale con un gran gol di Gotze. Un gol che fanno solo i campioni. Un mondiale meritato quanto la champions del Bayern 2013. No matter. 
L14) Un viaggio di 11 h mi riporta a Marrakesh dove ci sono 45° perché la città non vuole essere troppo da meno del deserto. Il bus, però, di un’altra compagnia, cambia itinerario e attraversa gli Atlas dalla valle di Zat. E’ una landa spettacolare dove aiuole di fiori colorati tappezzano gli argini dei fiumi nei profondi e lontani fondovalle e la rada erba tesse un flebile manto di tenue vita sulle aride montagne colorate di arcobaleno. E’ un arido, meraviglioso, sfuggente arcobaleno levigato la roccia di 5 tonalità che pittura gli Atlas. Il 1° giorno non ci capivo un cazzo dell’Africa, adesso, dopo 2 settimane, il Toubkal e il Sahara, Marrakesh mi appare facile.
M15) Da est a ovest ho tracciato una linea itinerante nel mio viaggio, una linea che decido di incidere fino all’oceano. Così giungo a Essaouira. Una città fortificata. La medina è un gremito mercato medioevale che si snoda fra case bianche e finestre blu. Uscito dal mercato passeggio sulle mura, sbirciando oltre i cannoni, fra i merletti, l’Oceano Atlantico, che furioso, sbatte contro gli scogli e le torri di guardia. Il vento soffia forte su quest’angolo di Marocco. Pochi millenni fa, sbirciando da dei merletti simili a questi, da qui, avrei visto il perimetro di Atlantide. Il continente punito diventato leggenda e fiaba. Ma le fiabe e le leggende non sono altro che verità di tempi così antichi che gli ottusi, soprattutto quelli che si laureano, le temono o non le deducono perché una laurea è cultura ma non intelligenza. Un giorno, fra millenni (o forse molto prima) quando la grande madre avrà umiliato e devastato europei, asiatici e americani, la televisione, le automobili e gli aerei diventeranno fiabe, fantasie e leggende. Mangio un buono e gustosissimo cous cous che condivido con 4 gatti. Per il resto Essaouira non  mi piace per niente a cominciare dalla squallida spiaggia in stile Rimini. Alla sera, a Marrakesh, mangio il tanja, uno stufato olioso.
M16) Alla guest house, io, un inglese che vive nel Laos, una australiana e un greco formiamo una compagnia. Il greco è un soldato dei corpi speciali greci che si è rifiutato di completare l’addestramento perché non voleva macellare animali ed è vegetariano. Credo che diventeremo grandi amici. Ci immergiamo negli stretti vicoli della medina alla ricerca di qualche foto da conservare. Sotto il sole cocente mostro agli altri come mangiare a Marrakesh con 2 euro:  mercato: 4 sardine fritte, squisito harissa, pane appena sfornato e bottiglietta (la tua!) riempita con succo d’arancia appena spremuto. Poi un bambino convince Alan, l’inglese e l’australiana a seguirli e ci porta nel puzzolente quartiere delle concerie. Io e Theodore, il greco, non entriamo perché laddove gli animali sono tristi nessuno può essere felice. E’ il vegetarianesimo la vera via? 
G17) Oggi metto l’harissa (salsa piccante maghrebina) nel pane e riempio il sandwich di olive rosse, verdi, nere e rosa e così con i pochi dirham rimastimi mi mangio un altro ottimo pranzo sorseggiando succo d’arancio freddo di frigo mentre il sole africano picchia a 46°. Theodore mi passa un gruppo trance progressive russo, Astropilot, che fa musica da sballo, tutti gli album incentrati su viaggi cosmici. Alan ammette senza vergogna di cibarsi spesso di cani nel Laos! Lungo il mercato di Marrakesh i polli e le galline sono stipati, vivi, in delle gabbie all’interno di piccole, strette botteghe puzzolenti aperte sulla folla. I clienti rimangono all’esterno, scelgono il povero animale, lui lo preleva e lo deposita sulla bilancia. L’uccello finge di svenire ed emette un verso inconfondibile: lo sento chiaramente che capisce che sta per morire. Poi il macellaio lo uccide velocemente davanti al cliente e glielo consegna. Gatti, lupi e serpenti sono autorizzati dal cosmo e strutturati dalla natura per predare e mangiare carne. Noi no. Creare un lager per polli o maiali o mucche è innaturale, colpevole e malvagio. Noi e i macellai pagheremo a caro prezzo il consumo di carne. Per i pellicciai e coloro che comprano capi di pelliccia, invece, li attende una lunga agonia e una lunghissima, infernale prigionia in un futuro da cui ne nessun dio li può sottrarre. E neppure l’ateismo li può sottrarre dalla verga cosmica perché la natura non è atea e la verità la conosce tutta. I pellicciai e i loro clienti sono figli indesiderati della Terra. Il pianeta non li vuole perché sono errori, perfidi e vuoti. Hanno scelto il sentiero delle torture gratuite e del dio-denaro perché il libero arbitrio permette ogni trail. E così non sono più esseri umani, non sono più niente. Prima di prendere il bus finale riesco a passare vicino ai cobra! E alle stupende vipere cornute senza che mi rompano i coglioni. I cobra sono serpenti dominatori, impulsivi e irascibili ancor più degli altri viperidi. Tenuti in quella condizione innaturale dagli incantatori, in mezzo a migliaia di persone che li “sfiorano”, i cobra sono in un costante stato di eccitazione bellica; in poche parole quello che i cobra in natura farebbero non più di 1 volta al giorno e per pochi secondi, lì lo fanno per 10 ore: “Figlio di troia, sono un cobra, stammi alla larga o ti metto sotto, ti avveleno e ti uccido.” Così  pensano i cobra, costantemente, nella piazza Djelmaa el-fnaa.
Questo è il messaggio concreto che loro comunicano agli umani con la loro postura. Gatti, orsi, lupi, elefanti, tutti gli animali si capiscono e si sanno comportare, l’unico che non capisce e che non capisce neppure i propri simili (…..!!!!) e che non si sa comportare è l’essere umano. L’essere umano è composto per il 50% da cancri che vivono per il proprio egocentrismo (generalmente ridicolo), egoismo, vuoto e invidia. L’unico che riduce in schiavitù, sfrutta, tradisce gli amici, finge di amare, uccide quando non deve uccidere e quando deve non lo fa. L’ essere umano, uomini e donne, l’unico cancro della Terra.
L’unica cosa curiosa è che la musica stona e incanta i cobra come una droga ipnotica. Chissà quale verità cosmica è celata nel passato. E’ il tramonto quando decollo ed è sera quando abbandono il continente africano e volo sul Mediterraneo. Il Marocco, questa terra epica, è un assaggio, una perlustrazione del border prima di affondare nel profondo cuore dell’Africa dove i leoni e i leopardi ruggiscono. Le provviste che ho nello zaino le ho portate invano perché le previsioni sono bastardamente piovose e così non potrò valicare le alpi per 4 giorni fra i lupi come mi ero prefissato: fanculo! Intanto il Toubkal è là, a sud, a 4167 m nel cielo torrido del continente più antico della Terra. E Darkeyes, la gattona del mio cuore, è anch’essa là, nel cielo. E qui, nel mio cuore, per sempre. 
by Fabio.